Sea Adventure associazione gommonautica sportiva dilettantistica
affiliata al C.S.I. (Centro Sportivo Italiano)
Raid "Sulle rotte della fede" 2000 L'avvio ufficiale della nostra avventura avviene alle 08.00 del 14 Giugno 2000, quando entriamo in piazza S.Pietro con il Marlin 20 a traino. Grazie all'intercessione di Mons. Galliano e Mons. Principe che ci hanno sostenuti sin dall'inizio, oggi avremo l'alto privilegio di ricevere la Benedizione dal Santo Padre. E' quasi mezzogiorno quando avviene l'incontro con Papa Giovanni Paolo II° e l'emozione è davvero grandissima: Lui ci ascolta con grande benevolenza mentre con lo sguardo un poco perplesso osserva il gommone. Chissà cosa pensa di questi due matti che vogliono ripercorrere le orme di S.Paolo di Tarso a bordo di questa piccola e stranissima imbarcazione? Comunque con la benedizione del Pontefice non dovremmo più correre pericoli... 1° tappa: il mattino seguente, scortati dagli amici del Club Athlantis di Civitavecchia (che ci hanno supportati in modo davvero encomiabile durante la nostra permanenza romana) e dalla motovedetta della Capitaneria di Porto, lasciamo l'accogliente porto di Riva di Traiano e puntiamo su Napoli. Il mare inizialmente abbastanza tranquillo diventa presto mosso e, dal promontorio del Circeo in poi, ci costringe a rallentare l'andatura; ci vogliono circa sette ore per arrivare nella zona di Castellammare di Stabia, situato al fondo del golfo di Napoli. Sulle banchine di Porto Salvo troviamo il sempre gentilissimo Raffaele che, anche questa volta riesce ad "inventarsi" un posto per ormeggiare il nostro gommone; ci sono anche gli amici dell'Adventure Club Campania con i quali, a suon di pizza, festeggiamo la buona riuscita della prima tappa di questo lunghissimo raid. 2° tappa: non riusciamo a partire prestissimo poiché i festeggiamenti della sera precedente hanno lasciato qualche strascico sull'equipaggio, e così prendiamo il mare quando il vento è già salito. Pazienza, ne valeva la pena; doppiamo la pericolosa zona di Punta Campanella e, dopo aver sfiorato Li Galli, facciamo rotta diretta su Vibo Marina. durante la navigazione il mare continua a crescere sulla nostra poppa, meno male che il Marlin pare trovarsi a suo agio con questo tipo di mare. Anche oggi, però, non abbiamo la soddisfazione di mettere alla prova i famosi "Flaps". La navigazione scorre senza offrire spunti particolari e quando approdiamo nel porto di Vibo, il sole è ancora alto. Accostiamo subito al distributore del carburante per fare il pieno ed i 155 litri necessari al completo rabbocco del serbatoio, ci chiariscono subito due cose: la prima è che viaggiamo con una media di poco superiore al litro per miglio; la seconda è che le 351.000 lire sborsate contribuiranno certamente a rendere stratosferico il costo del viaggio. Ad addolcire un pò la pillola ci pensa Carmelo, il simpatico gestore del pontile, che generosamente ci offre l'ormeggio per la notte. 3° tappa: oggi il vento sembra piuttosto debole ed il mare è di quelli che invitano a mettere giù la manetta quindi, motore a 4.500 giri, velocità sui 25 nodi e prua sullo Stretto di Messina. Aggiriamo la bellissima terra di Calabria e passiamo dal mar Tirreno allo Ionio. Tutto sembra tranquillo e in meno di due ore siamo al cospetto dei due enormi tralicci che in passato portavano l'energia elettrica oltre lo stretto. Le acque sono stranamente calmissime e questo ci rende parecchio ottimisti sulla quantità di miglia che potremo percorrere in giornata; ma anche stavolta abbiamo fatto i conti senza l'oste, infatti, appena passato Capo dell'Armi, troviamo un fastidiosissimo vento da NE che alza un mare corto e duro che ci costringe ad alleggerire parecchio la manetta del gas. Le 20 miglia che ci separano da Capo Spartivento ci danno parecchio filo da torcere, ma non sono nulla al confronto di quello che ci aspetta dall'altro lato; il vento adesso arriva da NNE ed è intorno ai 40 nodi, mentre il mare ci arriva dritto sulla prua con onde alte almeno quattro metri. Il problema principale è che in questa zona non ci sono grandi possibilità di ridossi sicuri e la nostra unica speranza è di arrivare indenni a Roccella Ionica. Constatiamo che il nostro gommone risulta particolarmente sensibile alla regolazione del trim, qualità sicuramente apprezzabile in questo frangente perchè ci consente di ottimizzare la spinta del motore. E il mare intanto continua inesorabilmente a salire. Percorriamo le ultime 15 miglia ad una velocità tra i 6 e i 7 nodi, vale a dire in pieno dislocamento, e ci vogliono più di due ore per entrare nel nuovissimo porto di Roccella. Un ormeggio veloce alla piccola banchina galleggiante "alla francese" e subito in Capitaneria a denunciare il nostro arrivo. I due militari annotano le nostre generalità e ci chiedono se abbiamo già provveduto a scaricare il gommone? Scaricare il gommone da che cosa, rispondiamo noi? Dal carrello! Quale carrello, siamo arrivati via mare. E loro increduli: via mare da dove? La candida risposta è "da Vibo Valentia". A questo punto i due cominciano a guardarci in modo strano, poi ci chiedono che razza di gommone abbiamo visto che il meteo dice che fuori dalla punta c'è mare forza 9! Quando prendono visione del Marlin, dobbiamo esibire la ricevuta dell'ormeggio della sera precedente per convincerli che siamo arrivati davvero via mare. 4° tappa: la partenza è ritardata dalla mancanza del distributore in banchina, quindi dobbiamo tirare fuori le taniche e giovarci della gentilezza dell'albergatore che ci accompagna in auto a fare una quarantina di litri di carburante. Il vento è un pò calato ma il mare resta sempre alto e la meta di oggi diventa obbligatoriamente Crotone. Attraversiamo il temutissimo golfo di Squillace tirando un sol bordo sino a Capo Rizzuto, quindi, aggiriamo Capo Cimiti e Capo Colonna e, finalmente, entriamo nel porto di Crotone. Abbiamo percorso poco più di 60 miglia, ma siamo stanchi come se ne avessimo fatte 200; l'unica consolazione è che gommone e motore si stanno comportando benissimo. I pontili sono gestiti dalla locale sezione della Lega Navale il cui Direttivo ci gratifica di un caloroso benvenuto e ci omaggia dell'ormeggio; magari fosse sempre così. 5° tappa: la meta di oggi è St. Maria di Leuca questo per due buoni motivi: primo, il mare non offre le condizioni per tentare un attraversamento diretto su Cefalonia; secondo, partendo da Santa Maria di Leuca ci sono molte meno miglia di mare aperto perchè si rimane coperti maggiormente dalle isole Ionie. Tiriamo una linea retta sul Golfo di Taranto facendo un unico bordo da Crotone a Santa Maria, sono 70 miglia di mare praticamente aperto visto che il golfo è profondissimo, certamente un buon allenamento in vista della lunga traversata che ci aspetta domani. Il mare è in calata e possiamo mantenere una velocità di crociera sui 20 nodi; poche miglia prima di entrare in porto abbiamo il piacere di un primo incontro con un branco di delfini, speriamo sia di buon auspicio; così è perchè in porto troviamo carburante ed un'ottima ospitalità. Visto che abbiamo tempo diamo una "passata" alla carena e facciamo un check up al motore; infine, dato che contiamo di partire prestissimo, decidiamo di pernottare in gommone. La sistemazione per la notte prevista dal cantiere si dimostra pratica e confortevole e l'unica nota dolente sono le zanzare! 6° tappa: sono da poco passate le cinque quando iniziamo a smontare la tenda notte e dopo mezz'ora siamo già fuori dal porto; mettiamo la prua del Marlin su 100° e via verso Cefalonia. il mare è tranquillo e se si manterrà così sarà una vera pacchia, in caso contrario possiamo sempre spostare il tiro su Corfù. Alle nove abbiamo già percorso 80 delle 140 miglia previste per oggi e il mare continua ad essere splendido. Un'ora dopo avvistiamo un tavola galleggiante, e subito affiora il ricordo dell'avaria patita durante l'Ecoraid; per fortuna questa volta l'abbiamo vista in tempo; osservando meglio notiamo uno strano sciabordio d'acqua che ci incuriosisce; ci avviciniamo lentamente e lo spettacolo che si presenta davanti a noi è davvero incredibile: una giovane tartaruga sta cercando disperatamente di issarsi sulla trave galleggiante; un vero peccato non essere riusciti a fotografarla. Sono appena le 13.00 quando entriamo nella profonda insenatura che ci porterà nel porto di Argostoli; abbiamo navigato per sette ore ad una media di circa 20 nodi; davvero niente male! Sul lunghissimo molo che costeggia la passeggiata a mare sono ormeggiate soltanto poche barche a vela e non ci sembra vero di poter ormeggiare proprio dinnanzi all'hotel Tourist dove passeremo la notte. Anche se dobbiamo mettere avanti l'orologio di un'ora per il fuso, ci resta sempre il tempo per recarci al monumento eretto a ricordo dei caduti della Divisione Acqui per lasciare una targa ricordo ed un omaggio floreale, compito affidatoci dall'Amministrazione della nostra città (Acqui Terme) e dall'Associazione Nazionale Marinai d'Italia. A sera, tra una moussaka ed un souvlaki, facciamo il punto della situazione: come percorrenza siamo messi benissimo, il mare sembra tenere e, se non veniamo colpiti dalla sfiga, domani potremmo essere ad Atene. 7° tappa: alle otto lasciamo Argostoli in direzione di Atene; il mare è calmo, portiamo l'Honda a 4.500 giri ed il resto lo lasciamo fare al Marlin. Riusciamo a centrare il canale di Patrasso soltanto grazie al Garmin, perchè con la foschia che c'è, senza il GPS l'avremmo mancato di sicuro. A proposito di Garmin, dobbiamo dire che lo stiamo usiando per la prima volta ed i risultati sono ottimi visto che non ha mai perso il segnale dei satelliti. Il mare scorre veloce sotto la carena del gommone e alle 13.00 siamo davanti a Korinto; è la prima volta che ci troviamo ad attraversare il "mitico canale" che ha trasformato il Peloponneso in un'isola, e l'operazione si rivela assai emozionante. Il semaforo è rosso e sul piccolo ponte di ferro davanti a noi c'è un continuo andirivieni di auto; non riusciamo a capire come si possa aprire il ponte visto che sembra costruito in un sol pezzo. L'arcano ci viene svelato qualche minuto dopo quando vediamo il ponte affondare davanti ai nostri increduli occhi. Passa una decina di minuti e vediamo transitare una barca vela, poi una seconda e così via sino al passaggio di una vera nave. Non abbiamo neppure il tempo di stupirci che il semaforo diventa verde e l'addetto al transito ci segnala che possiamo passare. Adesso l'emozione è davvero grande, siamo proprio dentro allo stretto e, mai come in questo caso, la parola "stretto" assume un significato tanto letterale. Per un attimo cerchiamo d'immaginare le fatiche e i disagi di chi ha partecipato agli scavi di questo lungissimo budello che è stato aperto nel 1893 ed è lungo 6.343 metri, largo da 21 a 24 mt e profondo mediamente 7 mt. Le pareti che ci stringono sono altissime, anche oltre gli 80 metri e, proprio a causa loro, il Garmin perde per la prima volta il segnale. Quando arriviamo in fondo ci giriamo e...lo spettacolo è proprio da sballo; una strettissima striscia di mare color turchese racchiusa in un vero e proprio canyon di rocce chiarissime. Molto meno emozionante risulta il tempo che perdiamo per pagare il pedaggio, un'ora e mezza causato dalla mancanza in loco dell'esattore; per la cronaca il pedaggio per il Marlin è di 12.900 Dracme (76.000 lire). Sono le 16.30 quando possiamo ripartire in direzione di Atene dove ci aspetta George Tzovlas amico ed importatore Marlin per la Grecia. Mancano ancora molte miglia e così spingiamo l'Honda a 4.800 giri che si traducono in 28 nodi. La nostra meta è l'Olimpic Marine che è situata dalla parte opposta del promontorio e che dista circa 30 miglia; non siamo sicuri di potercela fare con il carburante quindi dobbiamo fare una sosta nel porto di Kalamaki dove George ha organizzato un rifornimento volante. A causa di questa fermata arriviamo all'Olimpic Marine soltanto alle 22.00. 8° tappa: La mattina dormiamo sino alle nove poi ci rechiamo al porto per qualche controllo e per incontrare una troupe televisiva che sta preparando uno special sul nostro raid. In quest'occasione conosciamo Eddy e Veronica una simpatica coppia che vive a Gaeta; i nuovi amici sono a bordo di un battello che conosciamo molto bene, un King 600 (vedere raid Expo 98) e ci raccontano che è quasi un mese che girovagano per le Cicladi; in poco tempo nasce un'amicizia e ci vuole veramente poco a convincere i due a rinviare la partenza per passare la serata insieme. Più tardi comincia ad arrivare gente che in poco tempo diventa una piccola folla composta da cameramen intervistatori e giornalisti della carta stampata. Non siamo abituati a questo genere di cose perciò potete immaginare come eravamo tesi in mezzo a tutto questo bailamme. La sera la passiamo in compagnia di George, Veronica e Eddy e si tira sino a tardi, domani qualche Santo provvederà a farci alzare. 9° tappa: tra saluti e abbracci arrivano le 10.00, un pò tardi per fare tante miglia, però, visto che il mare è di quelli giusti, mettiamo il Marlin sui 25 nodi e rotta su Naxos. In poco più di tre ore siamo davanti alla bachina per fare carburante e alle 14.00 ripartiamo con destinazione Rodi. In questa velocissima galoppata sfioriamo Amorgos, Astipalea e Tilos che fanno già sognare soltanto a vederle da lontano e ci ripromettiamo di fermarci al ritorno. Entriamo a Rodi che il sole è al tramonto e, con una manovra degna dei Comandanti di Nervi (modestamente) infiliamo il gommone tra due grandi barche a vela che ci serviranno da antifurto per la notte. Sistemato il bagaglio, ci avventuriamo nella bolgia umana che assedia il mercato della città vecchia; per fortuna qui si usa cenare tardi così possiamo festeggiare degnamente la lunga percorrenza di oggi. 10° tappa: oggi vogliamo tentare di arrivare sino a Cipro che dista 250 miglia! Sveglia alle sei con il mare che sembra voglia dare conforto alla nostra incoscienza; il gommone, gravato dal pesante carico di carburante, passa nelle piccole onde come un coltello nel burro e le miglia scorrono che è una meraviglia. Verso le 16.00 incrociamo una nave battente bandiera turca che naviga in direzione opposta alla nostra, poi più nulla da segnalare sino alle 17.30 quando si comincia ad intravedere la costa cipriota; ce l'abbiamo quasi fatta, pensiamo, ma la realtà è che mancano ancora una settantina di miglia allo Sheraton Marina di Larnaka che sarà la nostra base di lancio per raggiungere Beiruth. Alle 21.30 entriamo in questo bel marina che è situato a 5 miglia dal molto meno confortevole porto commerciale della città. Essendo Cipro uno Stato autonomo a tutti gli effetti, dobbiamo fare dogana e la cosa si presenta subito piuttosto macchinosa; si finisce troppo tardi e troppo stanchi per cercare un albergo quindi si dorme a bordo. La giornata è stata molto faticosa ma siamo soddisfatti di come stanno andando le cose. 11° tappa: mancano "soltanto" 130 miglia a Beiruth; causa la compilazione dei documenti di uscita ed il rifornimento di carburante partiamo alle 10.00 con rotta diretta sul Marina di Jounieh che si trova a poche miglia da Beiruth. Il mare diventa via via più duro e la velocità comincia a risentirne tanto che per arrivare al limite dele acque territoriali libanesi ci vogliono otto ore. A questo punto cerchiamo di prendere contatto con la Guardia Costiera; bastano due sole chiamate sul VHF per ottenere risposta e, alla nostra domanda di permesso d'ingresso, ci viene chiesta la posizione attuale e poi di fare rotta diretta su Beiruth. Visto che il Marina di Jounieh è vicino a Beiruth dobbiamo variare la rotta di pochi gradi e, comunque, veniamo presto intercettati da un'imbarcazione militare; data l'impossibilità di accostare per le cattive condizioni del mare, ci viene chiesto di seguire la motovedetta, così ci accodiamo sfruttando la loro scia per navigare in acque più calme. Avvicinandoci a terra notiamo degli alti palazzi che lambiscono la spiaggia; sembra quasi di essere a Montecarlo! Al comando militare l'ufficiale che si prende cura di noi ha lo sguardo gioviale e le cose sembrano mettersi piuttosto bene; da parte nostra abbiamo già pronti i documenti debitamente vistati dal Consolato libanese di Milano e la brochure che illustra le motivazioni del raid. Tutto va bene sino a quando il nostro interlocutore capisce che la prossima tappa sarà in terra israeliana, da quel momento il rapporto si raffredda parecchio e il suo sguardo non sembra più così benevolo. Passa un pò di tempo e ci viene comunicato che domani potremo partire per Haifa soltanto se passeremo la notte senza lasciare la zona militare. Che disdetta, avremmo tanto voluto visitare Beiruth; pensandoci bene però avrebbe potuto andarci molto peggio. Prepariamo la tenda notte sotto lo sguardo curioso e divertito dei militari che fanno continuamente la spola tra il pontile e i numerosi edifici sparsi intorno al molo; terminato l'allestimento della matrimoniale, tiriamo fuori i pochi viveri rimasti e, rimpiangendo quella che sarebbe certamente stata una lauta cena, "mettiamo in tavola". A questo punto si verifica una gradita ed insperata sorpresa: il nostro ufficiale, accompagnato da altri due militari, ci porta la cena! Due abbondanti porzioni di riso bianco (caldo) accompagnato da verdure e carne, forse di agnello, cucinato in umido. Saremmo certo sopravvissuti anche senza quest'aiuto, ma volete mettere la soddisfazione di cenare con il "rancio" degli ufficiali libanesi! Ovviamente non ci è stato concesso di effettuare riprese fotografiche ed è un vero peccato perchè chissà quando ci potrà capitare di ripassare in queste zone. 12° tappa: la mattina salutiamo il nostro benefattore e lo ringraziamo per la gentilezza della sera precedente; due strette di mano sanciscono una nuova amicizia. Una motovedetta ci accompagna sino al limite delle acque territoriali e noi possiamo così riprendere la corsa verso Haifa che dista soltanto 37 km (stradali) da Nazareth; gli ultimi avvenimenti ci hanno quasi fatto dimenticare che siamo ad un passo dalla meta. Il mare sembra aver messo giudizio e ci lascia navigare a buona velocità e in poco più di tre ore siamo una ventina di miglia al largo di Haifa. Ci attacchiamo ancora una volta al VHF ed inoltriamo nell'etere la nostra richiesta d'ingresso in acque israeliane. La risposta ci arriva in lingua inglese e ci intima di navigare sino alla soglia delle 12 miglia e poi di attendere l'arrivo della motovedetta. Non passa un'ora che vediamo spuntare una sagoma grigia al nostro traverso; la procedura è più o meno la stessa del giorno prima e, alla fine, dobbiamo seguire l'imbarcazione militare che questa volta è sensibilmente più grande di quella libanese. Entriamo in porto con il Garmin che segnala Lat. 32° 50' N e Long. 35°00' E; anche stavolta ci tocca ormeggiare presso una base militare e dagli sguardi dei nostri interlocutori è piuttosto facile capire che ci considerano mentalmente non del tutto a posto. La discussione per lasciarci entrare ufficialmente all'interno del Paese si protrae per parecchio tempo e, alla fine di estenuanti trattative, riusciamo ad ottenere il permesso di essere "accompagnati" in auto sino a Nazareth dove lasceremo il nostro messaggio di Pace e Fratellanza tra i popoli. A questo punto ci viene da pensare che da queste parti ce ne sia davvero bisogno! Dopo tanta fatica e tante miglia percorse, arrivare a pochi chilometri dalla meta e non poterla raggiungere per motivi burocratici sarebbe stato alquanto frustrante e, per la verità, c'è mancato un soffio che ciò accadesse veramente. Ci viene spiegato che queste sono misure precauzionali prese per garantire la nostra incolumità e, come già in Libano, non ci viene permesso l'utilizzo di macchine da ripresa. Saliamo a bordo di una ormai attempata Mercedes in compagnia di due militari, un uomo e una donna, e ci dirigiamo verso la meta di quella che si sta trasformando sempre di più in una vera avventura. In meno di un'ora siamo a Nazareth davanti alla famosa e mistica Chiesa dell'Annunciazione; questa è costruita su due piani ed è situata in modo da dominare la città; la parte inferiore sorge sopra i resti di antiche chiese bizantine e comprende la grotta che, secondo la tradizione, fu la casa di Maria ed il luogo dove l'Arcangelo Gabriele le annunciò la maternità di Gesù. La chiesa superiore è sovrastata da un'imponente cupola dalle cui vetrate sgorga la luce che illumina tutto l'interno; splendidi e coloratissimi mosaici si accompagnano alle innumerevoli opere d'arte donate dalle comunità cattoliche di tutto il mondo mentre l'altare è messo in grande risalto da un magnifico mosaico di scuola tipicamente italiana. Questa chiesa, che risulta la più grande del Medio Oriente, è stata consacrata nel 1969 ed è affidata alle cure dei francescani, e proprio a due Padri francescani consegniamo il nostro messaggio che, ci dicono, sarà letto durante la S.Messa di Domenica 02 Luglio. Purtroppo non vi potremo assistere poichè già da domani inizierà il nostro viaggio di ritorno. Sia durante il viaggio d'andata che in quello di ritorno i nostri custodi non proferiscono parola e così anche noi ce ne restiamo in silenzio, con il pensiero rivolto ai sacri luoghi appena visitati e che, almeno per i credenti, rappresentano il teatro di gran parte della vita terrena di Gesù. E' quasi buio quando rientriamo alla base portuale e ben presto ci rendiamo conto che anche stasera ci toccherà montare la tenda. Durante la frugale cena che abbiamo risparmiato la sera precedente, non possiamo fare a meno di pensare con grande nostalgia alla nostra tanto bistrattata Italia, dove l'approccio con la gente è ben diverso da qui. 13° tappa: ricordate la celebre frase dei Blues Brothers "Siamo in missione per conto di Dio" beh, in qualche modo ci sentivamo anche noi inviati speciali del Signore e pertanto protetti da una forza invincibile. Partecipare alle celebrazioni dell'Anno Santo con un raid, latori di un messaggio del Papa da consegnare in terre tanto tormentate ci ha fatto vivere più da vicino l'evento del Giubileo. Forse per la stanchezza riusciamo a fare tutto un sonno sino alle sette di mattina, quindi prepariamo il gommone per la prima tappa di ritorno che ci porterà direttamente a Cipro; non possiamo fare altrimenti perchè dpopo essere stati in Israele, in Libano non ci è più consentito di entrare. Il mare è piuttosto mosso ma, per fortuna ci arriva sul traverso di sinistra e ci consente di navigare sui 18 nodi; ad una dozzina di miglia dalla costa la motovedetta ci lascia al nostro destino e così restiamo soli in un mare che si alza ancora, e Larnaka è ancora a 140 milgia...Nel pomeriggio un vento da NW da oltre 30 nodi ci ci manda le onde sul mascone e ci costringe ad un'andatura ancora più lenta. In questo frangente scopriamo l'utilità dei flaps; tenendoli un pò abbassati, vanno regolati con molta accortezza ed in perfetto sincronismo con il trim, frenano l'imbarcazione in modo da conservare la planata a soli 10/11 nodi. Grazie a questo "escamotage" riusciamo ad arrivare allo Sheraton Marina poco prima del buio e con le ossa ancora intere. Avendo già le "dritte" dell'andata possiamo fare subito carburante e poi cenare in un vero ristorante. Davanti al metzè, decine di piccole portate sul tipo dei nostri antipasti a base di carne e pesce e accompagnate da un gran numero di salse facciamo il bilancio dell'attuale situazione: abbiamo quasi percorso 2.000 miglia e sia il Marlin, sia l'Honda non ci hanno dato alcun problema, ora non ci resta che portare a termine la lunghissima tappa di domani e poi potremo giustamente dire che il più è fatto. 14° tappa: levataccia alle sei e pronti a muovere alle 06.45; di vento non se ne sente e il mare sembra una tavola quindi, giu la manetta a 5.000 e prua su Rodi. Se il tempo non cambia stasera faremo shopping tra le bancarelle della città vecchia. Facciamo turni di guida di due ore ciascuno, cercando di sonnecchiare sul sedile di poppa quando siamo di riposo; le ore passano lentamente così come lento è il muoversi del triangolino sullo schermo del Garmin e ciò avviene perchè l'immagine è impostata su una scala di 256 miglia. Giacomo ascolta tranquillamente la musica dal suo walkman, come a dire che Lui se ne sta beato e tranquillo ad ascoltare rock a 200 miglia dalla costa più vicina e mi viene il "dubbio" che l' incoscienza sia una dote di famiglia. Ci vogliono quasi 11 ore per aggirare le grandi torri messe a guardia del porto di Rodi ed entrare nel marina Mandrakiou dove abbiamo sostato all'andata. La città ci sembra ancora più bella e stasera dobbiamo proprio festeggiare, così ci concediamo una mega cena innaffiata da un'ottima Robola, il famoso bianco di Cefalonia. 15° tappa: stamattina ce la prendiamo comoda, tanto di arrivare ad Atene non se ne parla nemmeno visto che nella notte si è alzato un fortissimo vento da NE che piega le palme dell'hotel e riempie il mare di schiuma bianca. Siamo ormai alla fine di Giugno e queste sono certamente le prime avvisaglie del Meltemi, il vento che spazza le Cicladi per tutto il periodo estivo. Le onde sono piuttosto alte ma cortissime e, anche se puntiamo verso NW, martellano ugualmente la prua del Marlin; è davvero un brutto modo di navigare anche se con l'aiuto dei flaps si riesce a mitigare un pochino lo sbattimento. La prima isola sulla nostra rotta è Tilos che dista poco più di 40 miglia e che diviene la nostra meta giornaliera; non è proprio possibile andare oltre con un mare così. Entriamo nel profondo e ridossatissimo golfo di Livadia dopo quasi 5 ore di durissima lotta con il mare e quando arriviamo davanti al molo contornato di bianche casette, ci sembra di essere arrivati in Paradiso. La prima impressione è quella giusta, infatti, siamo proprio in Paradiso; Giovanni e Manolo, padre e figlio, gestiscono il ristorante che si trova davanti al piccolo molo d'ormeggio e con loro l'amicizia sgorga spontanea. Manolo ci porta in auto a vistare il belissimo monastero che si trova nella parte più alta dell'isola, mentre Giovanni cuoce un intero capretto su un gigantesco braciere; la sera gustiamo tutta una serie di prelibatezze che non è possibile nemmeno descrivere, il tutto condito dalla squisita compagnia dei nuovi amici che ci procurano anche una bella camera per la notte. 16° tappa: la mattina, pieni di malinconia salutiamo Giovanni e Manolo e lasciamo il sicuro rifugio di Tilos per puntare su Atene ma non ci vuole molto a capire che non possiamo farcela; è Meltemi anche oggi e così, per otto ore dobbiamo soffrire le pene dell'inferno per coprire le 110 miglia che ci separano da Naxos. Dato che ci eravamo fermati già all'andata per fare rifornimento, ormai conosciamo il porto e non troviamo difficoltà per l'ormeggio; il problema si pone invece per fare carburante visto che non riusciamo a trovare il "vecchietto" che svolge questa preziosa mansione. Mentre ci aggiriamo tra i tanti ristoranti del porto incontriamo Riccardo, un nostro connazionale gommonauta che è ormai un veterano delle Cicladi, dove scorrazza a bordo del suo Zodiac motorizzato Yamaha e con lui concludiamo piacevolmente la giornata attorno alla tavola di una delle tante trattorie del porto. 17° tappa: sarà colpa del numero 17, ma la giornata inizia veramente male: in primis ci vuole una marea di tempo per organizzare il rifornimento del carburante: un raduno d'auto d'epoca blocca l'ingresso stadale del porto ed il camion/cisterna non può entrare, così dobbiamo spostarci nel bacino interno per riuscire a caricare i 200 litri che ci servono oggi. Mentre siamo intenti al travaso dal porto giungono delle urla concitate; alzando lo sguardo ci accorgiamo che sono dirette a noi; cosa cavolo succede? L'uomo che grida sta correndo verso di noi e, grazie all'aiuto di Riccardo, riusciamo a capire che qualcuno sta annegando nella zona di mare che si trova dall'altra parte del porto. Ci guardiamo intorno, siamo in mezzo ad una cinquantina di barche da pesca locali e questo viene proprio da noi che siamo impegnati con il travaso? In un attimo molliamo tutto e presi a bordo Riccardo ed il greco urlante aggiriamo il lungo molo in cerca del naufrago. Appena arriviamo dall'altra parte dalla folla che intanto si è radunata sulla spiaggia partono precisi segni sul luogo dove si trova il naufrago e pochi istanti dopo riusciamo a vederlo: è sulla nostra dritta, disteso sulla superficie dell'acqua e immobile! Che era già deceduto per una crisi cardiaca lo sapremo solo dopo averlo scaricato su un'ambulanza. Ancora scossi per l'evento, portiamo a termine il travaso dopodichè salutiamo Riccardo e puntiamo su Atene. Forse impietosito dagli ultimi avvenimenti, il vento è calato parecchio ed il mare di conseguenza e meno male perchè stanchi e depressi come siamo non abbiamo proprio voglia di farci strapazzare per altre 75 miglia. Entriamo per la seconda volta all'Olimpic Marina dove troviamo George e consorte ad aspettarci; grazie alla squisita compagnia possiamo dimenticare per un pò le brutture che può riservare la vita.
18° tappa: ancora segnati dallo sgradevole episodio del giorno precedente, lasciamo Atene con destinazione Cefalonia; il mare oggi è buono ed il vento si è ridotto ad un NW sui 10 nodi e speriamo rimanga così. Attraversiamo il canale di Korinto in piena planata ed il navigare a 20 nodi in questo stretto budello ci offre sensazioni davvero straordinarie. Siamo ormai fuori dal golfo di Patrasso quando comincia ad alzarsi un forte vento di ponente che in pochissimo tempo crea un mare pauroso proprio davanti alla nostra prua. Il sole è piuttosto basso sull'orizzonte, basso almeno quanto il livello del carburante, e a Itaca mancano ancora 35 miglia. Cosa fare? Un rapido consulto al Garmin e via verso il porto di Astakos. Per dare maggior valore al proverbio "le disgrazie non vengono mai sole" ci si mette anche il GPS che, improvvisamente, si spegne; non abbiamo certo il tempo per cercare il guasto (consueta rottura meccanica del fusibile dovuta alle botte subite) però navigare al buio in questo dedalo di scogli e scoglietti senza cartografico non è certo salutare. Navighiamo lentamente per cercare di vedere eventuali ostacoli e per consumare il meno possibile quando scorgiamo una grande insenatura segnalata dai classici fanali rosso e verde; ci siamo, siamo ormai vicini al porto, abbiamo fatto più presto del previsto. Non è così, siamo finiti invece in un grande allevamento di mitili e non possiamo far altro che avvicinarci piano al piccolo pontile di legno dove sono attraccate due piccole barche; da una baracca a terra escono cinque individui di pelle scura (sapremo poi essere pakistani) che ci guardano con circospezione; con il linguaggio dei gesti riusciamo a spiegar loro che vogliamo andare ad Astakos ma che siamo a corto di carburante. il più "sveglio" della truppa ci sorride e ci fa cenno di seguirlo; non siamo proprio sicuri che lo si debba fare, così, Giacomo resta a bordo a riparare il Garmin mentre io seguo l'uomo... Sorpresa, sotto al portico ci sono 4 belle taniche militari piene di preziosissima benzina verde! Non riesco a credere alla nostra fortuna; 20 litri ci sono più che sufficienti per arrivare ad Astakos e quando accenniamo a pagare il carburante, nessuno di loro vuole accettare il denaro. Siamo imbarazzati, credevamo volessero farci la pelle e questi ci stanno regalando la benzina; riusciamo a zittire la nostra coscienza regalando loro una decina di magliette della Sea Adventure, regalo che si dimostra particolarmente gradito. Si riparte con il Garmin ben acceso e mezz'ora dopo vediamo finalmente le luci del porto di Astakos. La giornata finisce davanti alla tv con la sconfitta degli azzurri ad opera della Francia, con grande gioia dei pochi turisti tedeschi che stanno cenando nel ristorante del porto. 19° tappa: oggi ce la prendiamo calma tanto Argostoli dista soltanto una cinquantina di miglia. Aggiriamo la parte nord di Itaca per puntare direttamente su Cefalonia dove contiamo di fare un super pieno presso il distributore della famiglia Anastasiadis e così è, con un piccolo carrellino portiamo i 240 litri che ci serviranno per la lunga traversata di domani che ci dovrebbe (il condizionale è d'obbligo) portarci a Crotone. 20° tappa: sono le 06.30 locali quando lasciamo l'accogliente porto di Argostoli in compagnia di un due alberi inglese che, però, si dirige verso Atene; saremo solitari anche oggi ma ormai ci abbiamo fatto il callo. Appena usciti in mare aperto possiamo constatare che le acque sono piuttosto mosse da un fresco vento da NE che soffia deciso sul nostro tubolare di sinistra; la rotta è 285° e riusciamo a mantenerla con facilità. L'Honda gira splendidamente ed il Marlin vola sulle onde di questo mare che tra poco inizierà a parlare italiano. Niente e nessuno disturba la nostra navigazione sino a Crotone dove arriviamo alle 14.00 ora italiana; le 140 miglia percorse oggi rappresentano una vera impresa nautica o almeno tale la considerano alcuni dei membri della Lega Navale che, con molta gentilezza, ci accolgono per la seconda volta nella loro bella sede. 21° tappa: dopo l'exploit di ieri, oggi tappa leggera sino a Roccella. Durante l'attraversamento del golfo di Squillace le onde si fanno aggressive con vento teso e mare rotto, tanto che pare di essere tornati nelle Cicladi; il golfo misura 35 miglia da punta a punta e dobbiamo navigarne almeno 2/3 prima che il mare si plachi un pò. Sempre ottima l'accoglienza nel super porto di Roccella e consueta scarpinata per raggiungere il paese che dista un paio di km. 22° tappa: la fine del raid si avvicina e oggi passeremo lo stretto di Messina per rientrare in Tirreno; il vento viene da NW e tira sui 25/30 nodi con il mare tutto imbiancato di schiuma; per fortuna possiamo navigare al traverso ed è proprio con questo tipo di mare che il Marlin dà il meglio di sè grazie ai grandi deflettori laterali di cui è munito. In questo frangente il gommone offre una performance di grande livello, volando velocissimo da un'onda all'altra senza soffrire d'alcun problema e senza tirare troppa acqua a bordo. Aggirato Capo dell'Armi ci arrivano le prime folate di un NE che ci porta le onde sulla prua in un rapido crescendo. Con difficoltà riusciamo ad entrare a Reggio per fare un rabbocco ai serbatoi e allo stomaco, quest'ultimo parecchio scosso dagli avvenimenti precedenti. Quando usciamo dallo stretto, il mare è completamente cambiato, ora c'è un'onda lunga e dolce che ci aiuta a volare sino a Salina. Nella verdeggiante isola troviamo un magnifico ormeggio presso il pontile Eolo dell'amico Nando Saltamacchia, poi, ci spostiamo in un comodo residence in collina che raggiungiamo infilati nel cassone di un "Apecar". 23° tappa: la giornata sembra buona, quindi, manetta abbassata e rotta 345° diretta su Capri. Sono 135 miglia di tutto relax e alle 15.00 siamo al cospetto dei faraglioni dove troviamo ancorato il "Lady Moura" uno dei più grandi e lussuosi motoryacth che solcano il Mediterraneo; tre ponti, un grosso elicottero Agusta/Bell in coperta, un Montecarlo 30' e un grosso Boston Whaler in qualità di tender; niente male eh! Dopo un bagno ristoratore ci dirigiamo verso Porto Salvo a Castellammare dove lasciamo il gommone per la notte. 24° tappa: siamo ormai alla fine di questo lunghissimo raid, oggi percorreremo le ultime 140 miglia che ci porteranno a Riva di Traiano da cui siamo partiti 24 giorni fa; il tempo è cambiaro e, a quanto pare, dovremo sudarci queste ultime miglia, anche se non sappiamo ancora quanto. Passata Pozzuoli entriamo nel golfo di Gaeta e dopo una quarantina di miglia sentiamo un rumore sordo provenire da sotto la carena; forse abiamo urtato qualcosa; poco tempo dopo il rumore si ripete ancora più violento; o abbiamo il record della sfiga o c'è qualcosa che non quadra. E' la seconda che abiamo pensato: Giacomo si volta e vede l'Honda tutto sbandato all'indietro. Sbiancamento dei volti e manetta del gas subito indietro; in un attimo siamo a poppa per controllare l'accaduto; è un vero casino, stiamo perdendo il motore! Si sono tranciati i due bulloni superiori dei quattro che trattengono il motore allo specchio di poppa. Diamo subito una cima attorno alla testa del motore in modo che il peso del bestione non possa gravare sui due belloni rimanenti poi esaminiamo con maggiore calma la situazione. Il mare ci sballotta ben bene ma non c'è pericolo di ingavonamenti; a questo punto togliamo la calandra e diamo una seconda cima all'anello di sollevamento del motore; dalla cassetta degli attrezzi escono due bulloni che ci serviranno per fissare nuovamente il cavalletto allo specchio di poppa anche se il problema è riuscire a tirare il motore contro lo specchio. Unendo le forze di entrambi ci riusciamo e mentre io tengo il motore in tiro, Giacomo infila uno dopo l'altro i due bulloni nelle loro sedi; serraggio del tutto e siamo pronti a ripartire. Un rapido controllo all'interno del gavone poppiero ci porta la bella notizia che i due bulloni inferiori, seppur piegati, hanno tenuto e con loro ha tenuto anche il silicone visto che in sentina non è entrata nemmeno una goccia d'acqua. Tutto bene anche se non siamo sicuri che lo specchio non abbia riportato dei danni, quindi, cambio di rotta su Gaeta che dista 17 (sempre il 17) miglia. Navighiamo in pieno dislocamento e ci vogliono due ore per arrivare in porto; durante la navigazione prendiamo la saggia decisione di terminare il raid in quel di Gaeta mettendoci al riparo da altre possibili problematiche. Ormeggiato il gommone presso i pontili Flavio Gioia, prendiamo il treno per Civitavecchia dove ritroviamo gli amici dell'Athlantis con cui festeggiamo sino a notte fonda lo scampato pericolo. Il mattino dopo con furgone e carrello appresso torniamo a Gaeta per recuperare il Marlin e riportarlo a casa. "Fuori programma" Soltanto a casa abbiamo scoperto la causa della rottura dei bulloni del motore: durante il posizionamento "qualcuno" ha sbagliato il centraggio dei fori sullo specchio di poppa del gommone; a questo punto non ha correttamente chiuso il foro sbagliato per rifarne un altro, ma ha semplicemente "asolato" due dei fori ravvicinati presenti sulla piastra del motore, con il risultato che quest'ultimo si è trovato bloccato tramite un foro normale e tre asolati. Le 3.460 miglia di navigazione hanno fatto il resto... I numeri del raid Tempo di navigazione: 23 giorni Distanza percorsa: 3.460 miglia Navigazione effettiva: 194 ore Velocità media: 17.80 nodi Consumo totale: 4.120 litri Consumo parziale: 21.23 litri/h I protagonisti del raid Il gommone Il Marlin 20' utilizzato per il raid è un battello preso dalla produzione su cui abbiamo apportato le seguenti modifiche: asportazione della bitta presente sul musone di prua (abbiamo così facilitato la salita/discesa a bordo, in special modo quando si dovevano spostare bagagli pesanti) - spostamento della luce di fonda dalla consolle al roll bar ( nella posizione originaria avrebbe infastidito la consultazione degli strumenti di navigazione) - inserimento di tre lampade spia nel pannello porta interruttori (per non correre il rischio di lasciare inavvertitamente acceso qualche utenza elettrica) - modifica del parabrezza di plexiglass (taglio dei due vistosi prolungamenti laterali che ci sono sembrati un pericolo per gli sterni del timoniere e del navigatore). Poche modifiche e di lieve entità per questo gommone che ha magnificamente sopportato 3.500 miglia di mare spesse volte durissimo. Molto robuste le parti in VTR che, nonostante l'inconveniente capitato ai bulloni di tenuta del motore, non hanno mostrato il minimo segno di cedimento. La parte gommata realizzata in neoprene/hypalon da 1670 D.Tex serie ORCA della Pennel Industries non ha evidenziato alcun deterioramento o scoloritura, neppure dove sono stati applicati gli adesivi dgli sponsor e non si è reso necessario alcun intervento di ripristino della pressione dei tubolari. Uniche nore stonate le due chiusure del portellone di prua ed il sistema ad incastro della scaletta di risalita che necessitano entrambi di qualche correttivo per restare chiusi anche durante le "staccate" più violente. Ottime nell'insieme le doti di navigazione di questo Marlin 20' che ha fornito grandi performance sul mare da poppa e al traverso, mentre navigando con mare di prua ha bisogno di essere "guidato", vista anche la sua sensibilità all'angolo di trim del motore. Una nota di merito va all'ottimo sistema di autosvuotamento e all'impianto del carburante. Il motore Il "nostro" Honda BF 130 ha ormai totalizzato più di 320 ore di navigazione, una cifra che rappresenta la somma della percorrenza dell'Ecoraid dello scorso anno e quella del raid del Giubileo; cosa possiamo dire ancora su questo motore: possiamo dire che in questa volta ha girato con una media di quasi nove ore giornaliere, con punte di quattordici ore totalizzate nelle traversate più impegnative, e gli unici interventi sono consistiti nel rabbocco di un kg d'olio e nella pulizia del foro spia della pompa dell'acqua. Non si può davvero chiedere di più. L'unica problematica che può insorgere è data dal suo notevole peso che può risultare indigesto alle imbarcazioni che "soffrono" il troppo peso a poppa. Sea Adventure ringrazia: Cantiere Marlin Boat - Honda Marine - Garmin - Sea Star - Industrial Service. | |
storia |